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Buongiorno Lucia e grazie del tempo che ci concede. Scorrendo la sua biografia digitale, leggiamo che è nata in un paese della Trexenta, si è laureata in Marketing e Comunicazione e ha poi girato il mondo per perfezionarsi. Attualmente vive tra Spagna e Sardegna. Rappresenta, insomma, una cittadina cosmopolita che ha, sul mondo, una pluralità di punti di vista e strumenti di interpretazione. Prima di approfondire la questione dal versante professionale, viene spontaneo chiederle in che modo, con un simile background, lei viva il suo senso di identità e appartenenza e quali sono i luoghi e la cultura ai quali si sente più legata?


Innanzitutto grazie a voi per quest’opportunità di condivisione di idee e impressioni. In realtà sono nata in Piemonte, a Cuneo per la precisione. In effetti, un giorno mi è capitato di essere stata presentata come “Lucia Porcu, di Cuneo” e mi sono resa conto di dover rendere in qualche modo più palese che sono sarda (e non solo di origini sarde). Per questo motivo su alcune piattaforme (come ad esempio il profilo di Facebook) nella casella ‘luogo di nascita’ ho cambiato Cuneo per il paese in cui sono cresciuta, di cui è originario mio padre e in cui vive la mia famiglia: Siurgus Donigala, in Trexenta. Mi sembra più giusto, visto che di Cuneo non ricordo praticamente nulla (ci ho vissuto fino ai 3 anni). Ho vissuto fuori dalla Sardegna fino alla terza elementare (mio padre era emigrato prima a Roma, poi in Piemonte e di nuovo nel Lazio) per poi rientrare prima a Bolotana e poi finalmente a Siurgus Donigala. Pare comunque che questo dato abbia influenzato in qualche modo il resto di decisioni e vicissitudini della mia vita. Ho iniziato i miei studi universitari in Scienze Politiche all’Università di Cagliari e dopo due anni riuscì ad ottenere il trasferimento al corso di laurea in Relazioni Pubbliche dell’Università di Udine, con sede a Gorizia. Nell’anno accademico 2002/2003 partecipo al programa Erasmus con una borsa di 9 mesi all’Università di Granada ed è qui che ora lavoro come docente del dipartimento di marketing (comercialización e investigación de mercados). Si può davvero dire che l’Erasmus può cambiare la vita. Una volta completato il periodo a Granada, rientrai a Gorizia dove ho conseguito il titolo di laurea in Relazioni Pubbliche nel 2004 con una tesi di laurea sull’analisi di Granada come destinazione turistica, sui diversi strumenti di comunicazione pubblicitaria utilizzati per la sua promozione, e sulla sua quasi totale dipendenza dal monumento dell’Alhambra. Decisi di tornare a Granada e nei tre anni successivi ho lavorato e nel frattempo ho completato un master in comunicazione, in gestione di imprese turistiche e infine uno in marketing e comportamento. Quest’ultimo percorso è stato decisivo e mi ha portato a scegliere un percorso più accademico e di ricerca. È stato durante il mio dottorato di ricerca che ho avuto l’opportunità di vivere in Canada e negli Stati Uniti come visiting scholar nella Brock University e nella Northwestern University, rispettivamente, oltre ad altre esperienze di ricerca e didattica svolte in ambito europeo. Tra queste ultime esperienze preferisco sempre quelle che mi riportano in Sardegna anche se solo per qualche giorno/settimana. Negli ultimi anni ho infatti cercato sempre di creare e rafforzare il legame con le università sarde ed ho sempre trovato una grande disponibilità e accoglienza. É sempre bello poter tornare. Da questo lungo (forse troppo) excursus, è possibile intuire che il mio senso di identità sarda e di appartenenza alla Sardegna è forse più forte di prima. Oltre ovviamente alla famiglia e agli amici, in generale credo che il mare, i paesaggi, i profumi e i sapori della Sardegna sono alcuni degli elementi a cui mi sento più legata. Credo che vivere fuori dalla Sardegna possa solo amplificarne l’importanza. Ad esempio, quando rientro in Spagna dalla Sardegna nella mia valigia non mancano mai i pacchi di fregola, il pane e vari tipi di formaggio. Premetto che Granada è una città bellissima, accogliente, con un bel clima e con una ricca vita sociale. Ma la Sardegna è un’altra cosa, la Sardegna è casa. Nonostante questo, è anche vero che il fatto di vivere fuori porti a sentirsi sempre un po’ una straniera ovunque.

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Avendo scelto di proseguire in una carriera di ricerca accademica con un raggio internazionale, cosa vuol dire trasformare lo studio in professione? Come si alimenta la passione e come si affrontano i sacrifici di una vita sempre in viaggio?

È spesso difficile spiegare il lavoro della ricerca, anche perché dall’esterno la società ti vede più che altro come docente universitario e non considera nemmeno l’attività di ricerca tra le nostre occupazioni. Per me trasformare lo studio in professione ha voluto dire prendere coscienza di una maggiore responsabilità. Spesso, purtroppo, la didattica viene messa in secondo piano visto che la promozione professionale deriva quasi exclusivamente dai risultati di ricerca (le pubblicazioni scientifiche, in particolar modo). Io considero invece questa come una responsabilità enorme, visto che si tratta di contribuire a plasmare e formare i professionisti del futuro. In questi ultimi anni in Spagna (come anche in Italia) abbiamo vissuto con preoccupazione e subito direttamente l’effetto dei tagli del ministero dell’istruzione, quindi la passione è stata quasi l’unica ragione ed alimentarla è stato indispensabile. Forse nel mio caso le collaborazioni internazionali sono state l’alimento principale di questa passione per lo studio e la ricerca soprattutto negli anni che hanno preceduto la discussione della tesi di dottorato e la fine di un percorso alquanto duro.

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Come è nato il suo interesse per il marketing? 

Il mio interesse per il marketing è stato preceduto dal mio interesse per la comunicazione d’impresa. Infatti, come ho già detto, dopo due anni di Scienze Politiche, ho deciso di studiare Relazioni Pubbliche a Gorizia. Anche la scelta dell’argomento per la tesi di laurea è andato in questa direzione e mi sono interessata sempre di più alla comunicazione pubblicitaria e alla marketing e corporate communication. Con il master e il dottorato ho avuto poi la possibilità di espandere gli orizzonti ed avere un più ampio framework di marketing, anche se sia per la tesi del dottorato che per le mie attività di ricerca attuali il mio focus principale rimane la comunicazione.

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Marketing, etimologicamente, significa fare e creare mercato, promuovendo o piazzando prodotti e servizi, in vista di un profitto. La parola <mercato>, che ne sta alla base, deriva da <merce> e questa da MÈROS che indicava un qualcosa che poteva essere diviso in parti e distribuito. Il concetto di mercato, tuttavia, è interessante se visto in un’ottica antropologica oltre che economica. Il mercato, in quanto luogo di traffici e scambi e contrattazioni, è stato da sempre un luogo di incontro di tante culture e diversissime persone. Secondo lei, il marketing attuale rispetta le varie differenze culturali o le grandi strategie di marketing sono orientate verso la creazione di segmenti omologati e sovranazionali di consumatori?

Interessante riflessione. Gli usi e le definizioni del termine mercato sono innumerevoli. Senza dubbio una delle problematiche del marketing come disciplina accademica è rappresentata dalla sua relativamente giovane età e dalla confusione dovuta alla molteplicità di definizioni. Anche per quanto riguarda il marketing internazionale e cross-culturale ci sono stati diversi approcci negli ultimi decenni. Una classificazione tradizionale suggerisce il passaggio da un’iniziale prospettiva che non teneva conto delle peculiarità culturali, chiamato approccio etnocentrico, a un approccio policentrico, di adattamento quasi assoluto alla cultura locale, e infine un approccio geocentrico, che é sintetizzato dallo slogan “think globally, act locally”. Quest’ultimo è l’approccio considerato più efficace ed è emerso dalla necessità di superare i limiti degli approcci che l’hanno preceduto. Nonostante questo sia il più vantaggioso, non tutte le imprese/organizzazioni riescono a metterlo in atto. Diciamo che l’idea è quella di trovare l’equilibrio giusto tra standardizzazione e adattamento. Spesso esistono maggiori differenze a livello ‘nazionale’ che tra segmenti specifici cross-nazionali. Per questo motivo le imprese e il marketing devono impegnarsi per riconoscere i punti in comune e le differenze che esistono tra le necessità e i desideri di consumatori che provengono da contesti diversi creando non dei segmenti omologati, bensí segmenti transnazionali da servire in modo efficace ed efficiente. Per concludere, credo che in generale il marketing abbia fatto dei grandi progressi in questo senso, ed in questo contesto ‘di iperconnessione’ è più importante che mai per le imprese riuscire a stabilire un legame con i clienti e i consumatori, soprattutto se si opera a livello globale.

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La creazione di mercati di nicchia e la progettazione di un’offerta turistica su base annuale potrebbero essere due interessanti stimoli per rilanciare l’economia e l’imprenditorialità della Sardegna. Se lei dovesse stilare un progetto di ampio respiro, da dove partirebbe e quali sarebbero le sue priorità?

Credo si tratti di due obiettivi diversi, anche se complementari. Sinceramente non saprei da dove cominciare per rilanciare l’economia. Senza dubbio, la creazione di nuovi posti di lavoro dipende direttamente dal numero di imprese esistenti nel territorio. Quindi l’imprenditorialità dev’essere senz’altro promossa e incentivata. Tuttavia, ogni volta che torno in Sardegna mi sembra che il pessimismo sia il denominatore comune di tanti giovani. E non è certo la base ideale per far fiorire l’iniziativa e l’imprenditorialità. In tanti vedono l’emigrazione come unica possibilità. E conosco tante persone che hanno provato a rientrare dopo alcuni anni all’estero e sono emigrati di nuovo per via di esperienze deludenti. Anche le università giocano in quisto senso un ruolo di rilievo. Nella nostra università quest’anno è nato un nuovo centro orientato esclusivamente alla promozione dell’imprenditorialità e conta su diverse iniziative, programmi, eventi e laboratori aperti a tutta la comunità universitaria (http://ugremprendedora.ugr.es/pages/Presentacion). Questo tipo di iniziative inoltre aiuta a promuovere l’avvio di start-up tecnologiche. È inoltre necessario creare e rafforzare il legame tra università e imprese che operano nel territorio. Ovviamente questo può essere fatto solo con un modello economico che permetta di investire in formazione e cultura.

Infine, credo che il turismo abbia ancora tanto da dare alla Sardegna, anche perché abbiamo delle chance importanti di differenziazione rispetto ad altre destinazioni della costa mediterranea. Ma bisogna ricordare che il turismo non può essere visto come l’unico salvagente. Inoltre, si tratta di un settore che dipende da diversi settori, come quello dei trasporti, che in Sardegna deve ancora migliorare tanto per diventare “tourist-friendly”.

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Come ben sa, la filosofia operativa di tribalnetworking si caratterizza per la ricerca di esplorare valori da valorizzare e nel tentativo di costruire reti di collaborazione. In modo un po’ frustrante, la Sardegna si caratterizza per una incapacità di fondo a creare collaborazioni e sinergie virtuose. In qualità di esperta di marketing e comunicazione quali sono, a suo avviso, i presupposti che una collaborazione richiede e dai quali non può prescindere? 

Quello che diciamo all’inizio di ogni corso di marketing o di comunicazione d’impresa è che prima di un marketing o communication planning è necessario sviluppare e conoscere bene la strategia dell’impresa. Questo pare ovvio, ma non viene mai male ricordarlo. Se a monte non esiste una strategia chiara, solida ed attuabile, allora qualsiasi altro programa o tattica non avrebbe senso. Inutile dire che questi ultimi anni non siano stati caratterizzati da una gran chiarezza di propositi, obiettivi e strategie da portare avanti nel lungo termine. Anzi, tutt’altro. Nel 2006 ho partecipato alla prima fase del Master and Back e questo programma ha finanziato il mio master in gestione delle imprese turistiche. Purtroppo però la seconda parte del programma non ha funzionato. Avevo pensato al rientro in Sardegna con il “Back”, ma il primo bando disponibile è stato pubblicato dopo due anni, quando ormai dalla Junta de Andalucía mi era stata concessa la borsa di studio di 4 anni per il dottorato di ricerca. L’ultimo bando “Back” è stato ancora meno efficace. Infatti chi ha usufruito del programma e del finanziamento per un dottorato di ricerca all’estero non potrà rientrare, dato che gli enti pubblici sono stati esclusi da questo bando. Se queste sono le condizioni di una collaborazione interna (la Sardegna per i Sardi), è facile immaginare le difficoltà di collaborazione esterna. Nel contesto attuale la costruzione di reti di collaborazione è indispensabile per la creazione di valore. La Sardegna non rappresenta un’eccezione. Se pensiamo al turismo, spesso mi è capitato di trovare persone che conoscono Capri ma non hanno idea di dove si trovi la Sardegna. Questo non succede per le Baleari (che accoglie un 18% dei turisti internazionali che visitano la Spagna) e destinazioni come Ibiza o Mallorca hanno senz’altro fatto un ottimo lavoro di positioning e contano su un’immagine riconoscibile e una solida reputazione. Forse un benchmarking esaustivo delle isole del mediterraneo aiuterebbe a stabilire degli obiettivi e fissare dei punti di riferimento che aiutino a capire quali sono gli errori da correggere e le iniziative da promuovere.

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Il vecchio mondo, l’Europa, è scosso da regressioni nazionaliste (quando non da movimenti neonazisti e razzisti), e vive contemporaneamente una crisi socioeconomica legata a pratiche di gestione del tempo e del lavoro, ma anche dei diritti, che sembrerebbero voler resettare le conquiste che tanto sangue e fatica sono costate. A questo si aggiunge il peso di un debito pubblico spaventosamente in crescita e uno spostamento della ricchezza e dei capitali verso l’Est Asiatico. I suoi occhi cosmopoliti come leggono questa realtà che, nel caso della Sardegna, ha segnato una forte ripresa dell’emigrazione e un blocco significativo del comparto produttivo (la disoccupazione reale si attesta attorno al 20%)?


Non ho analizzato dei dati precisi su questa situazione. È chiaro comunque che la vecchia Europa stia affrontando dei problemi che sembrano sempre più pesanti e insormontabili e gli equilibri del potere stanno cambiando a livello globale. Per quanto riguarda la ricchezza dell’Est Asiatico sembra fuori discussione. La Spagna, da più di dieci anni, cerca di rafforzare i suoi legami con queste regioni soprattutto attraverso accordi diplomatici di cui si interessa direttamente la casa reale. Questo ha facilitato l’ingresso in un mercato molto interessante a diverse imprese iberiche per la costruzione e per i trasporti. Credo che nel caso della Sardegna ci sia davvero tanto da fare. Senz’altro aiuterebbe poter beneficiare anche di condizioni di trasporto e fiscali agevolate per privati e imprese, come succede nel caso delle località spagnole che si trovano fuori dalla penisola iberica (isole Baleari e Canarie, Ceuta e Melilla). Ad esempio, chi risiede in queste località i voli nazionali (indipendentemente dalla destinazione) ha uno sconto del 50% persino con le compagnie low cost. Un altro esempio é quello della “Zona Especial Canaria” creata nel 2000 per l’arcipelago delle Canarie per riconoscere ai residenti e alle imprese che vi operano degli importanti vantaggi fiscali.

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Ha seguito questi primi passi di tribalnetworking, qual è il suo giudizio sul nostro progetto?

Trovo che sia un progetto ricco e positivo che può essere d’interesse per molti. Spero davvero che possa diventare un progetto internazionale. La Sardegna è un diamante, che però troppo spesso risulta difficile veder splendere. Con la vostra passione sono sicura che contribuirete a migliorarne la visibilità e notorietà! In bocca al lupo!

immagini di © lucia porcu