Ogni comunità umana, anche la più piccola, è in qualche modo organizzata in termini di struttura sociale, ovvero può essere intesa e rappresentata sulla base di regole di interazione e caratterizzata alla luce delle diverse tipologie di relazione che si instaurano e reggono i rapporti fra gli individui che la compongono.

Le relazioni possono essere interpretate come legami, e questi possono essere considerati entro un raggio di gradazione che comprende ad un estremo i legami forti ed istituzionalizzati, e all’altro i contatti estemporanei e casuali.

La gestione dei legami, normalmente, si appoggia ad una visione del mondo (una weltanschauung) e permea la strutturazione della socialità, stabilendo dei limiti, come i tabù, e per contro delle azioni positive approvate dal gruppo (i valori positivi).

Fra i legami forti rientrano, ad esempio, quelli della famiglia (in tutte le differenti forme che essa assume di cultura in cultura), della discendenza, della parentela, della consanguineità e dell’affinità, al cui fianco (e talvolta con maggior peso sociale e/o politico) possono essere ascritte altre tipologie relazionali come quella dell’identità tribale, dell’appartenenza etnica, del clan, del lignaggio, della classe di età o del genere.

Tutte queste forme rappresentano categorie istituzionalizzate (o comunque istituzionalizzabili) che prescindono completamente dai legami di carattere emotivo, affettivo ed elettivo come ad esempio i legami amicali e sentimentali.

Infatti, essendo questi ultimi non prescritti né prescrivibili (e dunque non istituzionalizzabili) essi rientrano fra i legami estemporanei e casuali e ivi rimangono finché non vengono riconosciuti, ufficializzati ed istituzionalizzati attraverso l’attivazione di altri vincoli come il matrimonio, la fratellanza simbolica, o la corporazione e l’associazione che, socialmente e giuridicamente riconosciuti, attivano legami di affinità, integrazione e certificazione di diritti-doveri reciproci.

Volendo, però, leggere tutti questi variegati fenomeni alla luce di una macrocategoria che funga da massimo comune divisore, potremmo interpretarli ricorrendo alla metafora della rete e parlare di rete di reti.

In questo senso, affinché possa parlarsi di comunità, sono prodromici alcuni fattori – vere e proprie condizioni necessarie, per quanto non sufficienti.

Anzitutto, perché si possa parlare di una rete comunitaria funzionale, fra gli individui di un gruppo vi deve essere una condivisione ed una convergenza di ampie porzioni di codice culturale e di riconoscimento di valori, che permettano un livello di comprensione reciproca e quindi uno scambio sufficiente ad attivare la pratica condivisa di una intelligenza culturale, cognitiva ed emotiva.

Infatti, affinché un gruppo di persone sia motivato a proseguire e reiterare in modo ricorsivo le relazioni interindividuali che lo costituiscono, oltre a specifiche condizioni materiali di esistenza (come ad esempio coincidere spesso in un medesimo spaziotempo comunicativo), è necessario che vi sia una convergenza rispetto ai fini che il gruppo persegue, alle modalità ed alla visione che ne informa i comportamenti ed i sentimenti, e che si riferisca ad essi codificandone valore e significato.

Di fatto, agire in vista di fini sulla base di valori e credenze condivisi, richiede ad ogni gruppo un minimo di strutturazione, e pertanto l’individuazione di compiti da svolgere, di aree di competenza, di ruoli funzionali e di momenti di confronto e diversione per valutare i risultati, elaborare nuove eventuali strategie e assorbire e metabolizzare, attraverso una narrazione condivisa, tanto i risultati positivi quanto quelli negativi.

Quando un gruppo è in grado di

  • analizzare passato-presente-futuro, leggendo ed interpretando la relazione e lo scarto fra azioni intraprese, credenze, obiettivi raggiunti e risultati auspicati;

  • elaborare nuove strategie operative;

  • ampliare la propria visione del mondo attraverso nuove narrazioni, mezzi e sensibilità;

  • metabolizzare successi ed insuccessi

diremmo allora che quel gruppo assolve alle funzioni pratiche, cognitive, intellettuali ed emotive, e che è capace di produrre conoscenza ed immagazzinare memoria storica.

Una simile rete può essere concepita in termini di synapsis, e quindi essere vista come una rete di individui che interlacciati fra loro sono capaci – proprio in quanto rete operativa – di produrre intelligenza pratica, concreta e creativa al fine di permettere ai singoli ed al gruppo, in una relazione biunivoca, di prosperare.

Una rete o struttura sociale capace di comportarsi in questo modo e soddisfare questi requisiti può essere chiamata comunità sinergica.

Nello specifico operativo sperimentato abbiamo chiamato questo tipo di comunità sinergica col nome di “tavolo sinaptico”, ovvero un gruppo di soggetti (persone, istituzioni, soggetti giuridici, etc.) capace di sviluppare il tribal networking.

© marcello carlotti – 2016