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© marcello carlotti – 2016

L’obiettivo di Tribal Networking – Rotte del Gusto è mostrare un punto di vista nuovo ed alternativo sulla storia, la cultura ed il territorio della seconda isola più grande del Mediterraneo e, quindi, sulla verità (ed il potenziale inespresso) dei suoi valori. Tribal Networking, infatti, nasce per creare valore dai valori. Per questo, oggi, vogliamo raccontarvi la terza delle sette rotte che abbiamo creato in Sardegna. Abbiamo esplorato tre diverse subregioni storiche (Montiferru, Guilcer e Barigadu) mappando un percorso culturale ed enogastronomico che le attraversi tutte e tre.

Il Montiferru, ad esempio, rappresenta l’avanguardia di uno dei principali blocchi della placca tettonica sardo-corsa che, circa 30 milioni di anni fa, era unita all’Europa continentale da cui ha lentamente preso le distanze seguendo i movimenti determinati dall’orogenesi alpina. Il suo nome deriva dall’origine vulcanica del complesso, che determina l’alta concentrazione di ferro nelle terre dell’area e dell’altipiano. La sua punta più alta e il Monte Urtigu (che oggi si eleva 1050 mt. sul livello del mare). Per quanto riguarda la flora si evidenziano specie endemiche quali ciclamino, alloro, polipodio, finocchio selvatico, biancospino, peonia, digitale, lillatro, belladonna, pungitopo e rare Orchidee selvatiche.

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Nelle zone sommitali, spazzate dallo sferzante Maestrale, resistono solo erbe basse quali borracina, capelvenere, elicriso, gariga e timo. Nelle zone meno impervie e prospicenti il mare è padrona la macchia bassa con mirto, ginestra, rosmarino, gigaro, asfodelo, cisto, euforbia, siepi di fico d’India, erica, tamerici ed olivastri.

Le zone tra Cuglieri, Scano Montiferro e Sennariolo sono ricoperte da oliveti, mentre i vigneti sono comuni nei terreni più vicini alla costa. Dovuti all’attività antropica, troviamo invece il castagno, l’acero, il fico e la quercia da sughero. Per quanto concerne la fauna, il cinghiale, poco visibile ma le cui tracce si notano ovunque, è oggi uno degli animali simbolo dell’area. Anche la volpe può essere avvistata facilmente. Alla Lepre sarda si è invece andata sostituendo il coniglio selvatico. L’ambiente è abitato poi dal riccio, dalla donnola e dalla martora. Presenta ma difficilissimo da osservare è il gatto selvatico. Presenti in misura molto esigua il muflone, il cervo sardo e il grifone. Tra i volatili è presente l’avvoltoio, la cornacchia grigia, la poiana, il gheppio, il falco pellegrino. Tra i rapaci notturni si evidenziano il barbagianni, la civetta e l’Assiolo, quest’ultimo solito cantare nelle notti estive. Diversa è la popolazione degli uccelli nelle coste basse e nelle falesie del Montiferru: tra i più interessanti la berta maggiore, la berta minore, il gabbiano reale, il Gabbiano corso, molto raro, il cormorano, il colombo e il gruccione.

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Il Guilcer (o Guilcier) deriva il proprio nome dall’antico dipartimento post-giudicale denominato Parte Cier Real con il suo capoluogo Guilarze (oggi Ghilarza). Dopo la battaglia di Macomer del 1477, durante la quale i catalano-aragonesi sconfissero definitivamente l’esercito del Giudicato di Arborea, la contrada del Guilceri venne divisa in Parte Cier Canales (comprendente i territori dei paesi della media valle del Tirso, Sedilo, Domus Novas Canales, e parte di Norbello), e Parte Cier Real (comprendente i territori di Ghilarza, Abbasanta, Paulilatino, la restante parte di Norbello, Aidomaggiore). La Parte Cier Canales venne assegnata al feudatario di Sedilo, mentre la Parte Cier Real venne direttamente infeudata alla Corona aragonese.

I paesi di Seneghe, Narbolia, Bonarcado e Milis, rimasero invece al Marchesato di Oristano sotto il nome di Parte Milis. A seguito della sentenza di fellonia contro il Marchesato di Oristano, il 12 agosto 1479, il Re Ferdinando II di Aragona sottrasse l’area al Marchesato, portandola in modo indissolubile alla Corona, e dando contestualmente facoltà agli abitanti di resistere anche con le armi ad ogni tentativo di modifica statuale, senza incorrere in alcuna pena. Il re concesse quindi ai paesi del ‘’Guil-Cier’’ il diritto di insegna con stendardo. I diritti feudali che questi villaggi dovevano alla Corona consistevano in diritto di feudo (tassa che si pagava in denaro), diritto di grano ed orzo, diritto di vino, decime del bestiame (degumarum), diritto di paglia ed Alcadia, che si pagavano agli amministratori di ‘’Tanca Regia’’ La Corona spagnola sottrasse questo territorio all’infeudamento con lo scopo di assicurare il mantenimento dell’allevamento regio dei cavalli di Tanca Regia (allevamento già esistente nel periodo romano tardo-imperiale, proseguito in epoca bizantina, e ripreso dai Giudici di Arborea). La contabilità fiscale rimase distinta per Guilarze ed il resto di Parte Cier Real fino al 1490 quando Isabella di Castiglia, sollecitata a finanziare l’avventura di Cristoforo Colombo, ordinò ai suoi esattori un supplemento di prelievo fiscale.

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L’antico territorio del Barigadu occupa l’area a sud del Lago Omodeo. Il suo paesaggio si caratterizza per la presenza della macchia mediterranea e delle sugherete, che crescono rigogliose grazie alle favorevoli condizioni pedoclimatiche. Nell’Oasi Naturalistica di Assai, fra i paesi di Neoneli e Nughedu Santa Vittoria è possibile osservare da vicino specie animali come il cervo sardo, il daino, il cinghiale e diverse specie di uccelli selvatici. Nei pressi dei paesi di Busachi e Allai, che conservano ancora gli antichi edifici rurali, si trova invece un ponte romano che conduce a Fordongianus, l’antica città denominata Forum Traiani, dove vi sono le antiche rovine delle terme romane.

Il lago Omodeo, centro dinamico dell’area, è opera dell’uomo. Il primo bacino artificiale fu realizzato con la costruzione della diga di Santa Chiara, presso Ulà Tirso. Essa fu completata nel 1924, originando quello che all’epoca era il più grande lago artificiale d’Europa, data la sua capacità massima di 403 milioni di metri cubi d’acqua. I lavori per la sua costruzione facevano parte di un più ampio progetto, che comprendeva anche la bonifica della pianura di Oristano, e prevedeva l’impiego di 16.000 operai. Il progetto venne redatto dall’ingegnere Angelo Omodeo, il quale partecipò anche alla costruzione delle grandi dighe sul Nilo. La costruzione fu completata in cinque anni, sotto la direzione dell’ingegnere Giulio Dolcetta. Con i suoi oltre 22 km/q, il bacino fu realizzato al fine di regolamentare le piene del fiume, produrre energia elettrica e fornire acqua per l’irrigazione della pianura del Campidano.

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La creazione del bacino artificiale determinò inoltre la sommersione di alcuni siti archeologici (nuraghi, tombe di giganti, e l’insediamento prenuragico di Serra Linta) e del piccolo villaggio di Zuri, che venne riedificato su un’altura poco distante dal lago. L’antica chiesa del villaggio, dedicata a san Pietro Apostolo, venne smontata concio per concio e ricostruita nell’attuale posizione. Il 2 febbraio 1941 la diga fu attaccata con dei siluri da alcuni aerei decollati dalla portaerei britannica HMS Ark Royal. Solo 56 anni dopo, nel 1997 fu inaugurata la nuova diga, intitolata allo storico personaggio Eleonora d’Arborea. Il suo sbarramento è alto 100 metri e lungo 582 metri. Il volume totale dell’invaso è pari a 792 milioni di metri cubi d’acqua, coprendo una superficie di 29,370 km² Al suo interno molte specie di pesci di acqua dolce, fra cui l’agone, carpe di tutte le varietà, pesci gatto, trote lacustri, cavedani nelle vicinanze di affluenti, molti persici e poi ancora black bass, tinche e qualche fario.

L’etimo del vocabolo barigadu è controverso. Viene infatti considerato inaccettabile quello proposto dal Martelli: una evoluzione del verbo latino Varcare. Questo aveva il significato preciso e limitato di «allargare le gambe», da cui appunto deriva l’italiano «divarìcare». Lo Spano ne propone due che sembrerebbero entrambi soddisfacenti, e che reggerebbero alla critica e alla logica. E precisamente dall’italiano «valicare», o dal verbo greco parricoo, corrispondente al latino transeo, «vado di là, vado oltre». Entrambi gli etimi, infatti, portano in sé il concetto di tramontare, passare al di là del monte ove tramonta il sole, andare al di là del valico ecc. Così fosse, sarebbe un perfetto suggerimento per un percorso che, partendo dal sud del bacino del Tirso, valichi le acque dolci del lago Omodeo, risalga il Guilcer e, andando verso occidente, raggiunga il punto in cui il Montiferru declina verso il Mare.

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